La ballata delle rose
E venne a me la prima rosa rossa
la più splendente e di ciglio assai vezzoso
e fatta si superbia con la sua presenza
mi rinchiuse in un circolo vizioso
Mai patiti cenni di malinconia
mai sospiri quando ella era il mio cospetto
facendomi forza della mia mania
di veder chiunque chinarsi al mio petto.
E venne a me la seconda rosa rossa
che delle altre sembra la più vitale
e presomi di soppiatto per la gola
mi distrasse da qualsiasi altro male
ah sublime abbandono del gusto senso
impercettibile piacere del tutto e del niente
lasciandomi dimenticare quello che penso
e liberando di tutto la mia mente.
E venne a me la terza rosa rossa
furiosa crudele e dall'animo egoista
e racchiuso il mio essere nell' irragionevole
mi fece perdere anche la vista
Animalesco irrequieto crudo istinto
che mi rese mai domo è sempre teso
che giammai mi mutò in vile e vinto,
ma spesso mi rese debole e indifeso.
E venne a me la quarta rosa rossa
passionale e dal tono ansimante
Mi rese schiavo dell'istinto primordiale
di perdermi tra le gambe come un grande amante.
qual bisogno generata al fervore?
Mai tal disio venga per ognun represso
affinché si generi oltre il core
quello strano istinto verso il gentil sesso.
E venne a me la quinta rosa rossa
malefica, spietata opposta alla gioia
e facendomi guardare tutto con il disprezzo
e calando il mio cuore nella terribile noia.
e venni meno nel normalmente interessante
agendo di sfuggita e senza ritegno
sentendomi sulla terra uno stupido passante
e pagando alla mia vita il più inutile pegno.
E venne a me la sesta rosa rossa
che mise tra le mie mani un grande potere,
quello di accumulare e totalmente ignorando,
stupido e pensando di poter godere.
Anche se sentivo proibita la vita,
avendo angoscia del futuro,
arretravano sempre più le mie dita
ed il mio aspetto era sempre più cupo.
E venne a me la settima rosa rossa
che tra le altre non provoca piacere
dovendomi nascondere per chi non fa trasparire
il mio stato, come di chi va a morire.
Assillato da desiderio di trionfo,
volendo essere sempre vincitore,
non curandomi di qualsiasi tonfo
e delle gesta da vile gladiatore.
Ma venne a me, anche se par strano
un'ottava rosa di colore assai diverso
e calando dolcemente la mia mano,
mia abbandonai al suo piacevole universo.
Le mie cellule sprizzavano sincerità
e mai un tentennamento, mai una bugia,
senza dover ricorrere a nessuna velleità
o all’egregio studio della citologia.